Il direttore di Irish Film Festa Susanna Pellis intervista il regista irlandese Dathaí Keane, ospite dell’edizione 2016 con “1916 Seachtar na Cásca” e “An Klondike”
Author: Redazione IFF
La canzone del mare (Song of the Sea) dal 23 giugno al cinema
Il film d’animazione Song of the Sea di Tomm Moore, visto all’edizione 2015 di Irish Film Festa, arriverà nei cinema italiani il 23 giugno 2016 distribuito da Bolero Film con il titolo La canzone del mare.
Song of the Sea, realizzato (come il precedente The Secret of Kells, anche questo presentato all’Irish Film festa) dallo studio di Kilkenny Cartoon Saloon, ha ricevuto una candidatura agli Oscar 2015 come miglior film d’animazione e, sempre l’anno scorso, ha vinto l’IFTA – Irish Film and Television Academy Awards come miglior film.
In occasione dell’uscita nelle sale italiane, riproponiamo il nostro Gaelic Focus 2015, dedicato alla lingua e alla cultura gaelica, e in parte anche a Song of the Sea:
Nella “canzone del mare” che ascoltiamo in Song of the Sea di Tomm Moore ricorre la parola idir, che vuol dire tra: «tra dentro e fuori / tra nord e sud / tra pieno e vuoto / tra costa e montagna / tra me e me stessa». Un testo semplicissimo che spiega però in maniera molto efficace la metempsicosi celtica, diversa da quella orientale: non è necessario morire per diventare qualcos’altro, le trasformazioni sono possibili anche in vita. Nella cultura celtica non c’è aut aut ma sia sia: tutto può coesistere.
Protagonista di Song of the Sea è un’entità metamorfica che nelle Isole Orcadi viene chiamata Selkie ma in gaelico semplicemente rón, ovvero foca, una specie di sirena (donna o uomo) non pericolosa. La selkie è una foca che si toglie la pelle per prendere il sole sulla roccia vicino al mare: se un umano se ne innamora e la priva della pelle, o manto, lei resterà sulla terra. Quando la indosserà di nuovo, tornerà al mare.
Le Selkie sono gentili, non tentano di attrarre o ingannare gli umani, ma vanno alla ricerca dei loro discendenti, dei bambini nati dall’unione tra una (o un) Selkie e un uomo (o una donna). I bambini-Selkie hanno di solito la testa tonda, i capelli scuri, gli occhi grandi e puri, proprio come le foche. Se in una famiglia dove tutti sono biondi o rossi, nasce un bambino con queste caratteristiche, secondo il mito vuol dire che qualche antenato si è unito con un o una Selkie. I figli delle Selkie non riescono a resistere al richiamo mare e quando si tuffano possono rimanere più tempo sott’acqua rispetto ai piccoli umani.
Di seguito la locandina italiana, la sinossi, i doppiatori della versione italiana e il trailer:
La canzone del mare racconta la storia di Ben e della sua sorellina Saoirse – l’ultima bambina foca – che si avventura in un viaggio fantastico attraverso un mondo sbiadito di antiche leggende e magia nel tentativo di ritornare nella sua casa vicino al mare. Il film prende l’ispirazione dalla mitologia delle Selkies del folklore irlandese, che vivono come foche in acqua, ma acquisiscono sembianze umane sulla terra.
La canzone del mare, diretto da Tomm Moore (The Secret of Kells) presenta le voci originali di Brendan Gleeson, Fionnula Flanagan, David Rawle, Lisa Hannigan, Pat Shortt e Jon Kenny. La musica è del compositore Bruno Coulais e della band irlandese Kíla.
Doppiatori italiani
Lorenzo D’Agata (Ben)
Anita Ferraro (Saoirse)
Alessio Cigliano (Conor)
Francesca Fiorentini (Bronagh)
Lorenza Biella (Nonna)
Antonella Giannini (Macha)
Giorgio Lopez (Uomo capellone)
IRISH FILM FESTA 9 | RASSEGNA STAMPA
Film TV nr. 14/2016
Wait e Violet sono i corti vincitori di Irish Film Festa 2016
Nella serata di sabato 9 aprile si è tenuta, nella Sala Deluxe della Casa del Cinema di Roma, la premiazione del concorso riservato ai cortometraggi della nona edizione di Irish Film Festa (7 – 10 aprile 2016).
La sezione concorso nata nel 2010 ha proposto quindici opere, delle quali dieci in live action e cinque d’animazione.
La giuria composta da Jacopo Chessa, direttore Centro nazionale del cortometraggio, Ilaria Mainardi, scrittrice; Damiano Panattoni, critico cinematografico e Manuela Santacatterina, critica cinematografica, ha assegnato i seguenti premi alla presenza dei registi e della direzione artistica:
Miglior Cortometraggio Live Action a:
Wait (2015) di Audrey O’ Reilly, prod. Lyndzi Doyle, 11’43”
Con la seguente motivazione: “Per la sua capacità di trattare un tema così spesso dibattuto da letteratura e cinema come quello del rapporto padre/figlio che può essere conflittuale ma, al tempo stesso, viscerale, raccontandolo in una chiave inedita, immersa nel contemporaneo e metaforica”
Miglior cortometraggio Animation a:
Violet (2015) di Maurice Joyce, prod. Nuria G. Blanco and Mark Hodkinson, 7’59”
Con la seguente motivazione: Per il suo saper raccontare, attraverso un filtro animato da sfumature dark, l’adolescenza, la femminilità e il coraggio di saper crescere.
Tre domande a… Maurice Joyce, regista di Violet
Violet è una ragazzina che odia la propria immagine riflessa nello specchio. La sera del ballo della scuola, stanca di essere maltrattata, l’immagine di Violet decide che ne ha abbastanza. Violet di Maurice Joyce, narrato dalla bellissima voce di Aidan Gillen, è il cortometraggio vincitore di Irish Film Festa 2016 per la categoria animazione.
Ecco la nostra breve intervista a Maurice Joyce. Congratulazioni!
La sinossi di Violet descrive la storia come una «cautionary tale»: puoi dirci qualcosa riguardo al lavoro dello sceneggiatore Mark Hodkinson?
Mark voleva affrontare il tema della mancanza di autostima, mostrando quanto le persone possano essere autodistruttive. È un argomento che riguarda da vicino molti di noi, soprattutto nel periodo dell’adolescenza, che è appunto l’età di Violet. In sostanza la storia ci invita a non diventare i nemici di noi stessi – ci sono già abbastanza bulli, non abbiamo proprio bisogno di maltrattarci da soli! Si tratta di un messaggio decisamente contemporaneo, ma Mark ha voluto raccontarlo come una vecchia fiaba, o una cautionary tale, scrivendo la sceneggiatura come una poesia – l’effetto è quello di un adulto che legge una storia spaventosa a un bambino.
I riflessi hanno un ruolo importante nella storia di Violet, così come le simmetrie e i pattern sono usati sia nel disegno dei personaggi sia nella composizione degli sfondi. Come hai lavorato sull’aspetto visivo del corto?
Sì, i riflessi hanno un ruolo importante, e volevo che fosse evidente in ogni aspetto del film: molti sfondi sono simmetrici, guardati da una prospettiva frontale, e persino la musica usa delle forme speculari, che ci fanno ascoltare il tema di Violet al contrario quando sullo schermo appare il suo riflesso. Poi ci sono alcuni dettagli che potrebbero sfuggire a una prima visione: ad esempio il riflesso di Violet che prende il posto della ragazzina non ha a sua volta un riflesso. Nella sala da ballo, tutti gli altri ragazzi si rifletto sul pavimento lucido, tranne lei.
Perché hai scelto Aidan Gillen come Narratore?
Guardando Game Of Thrones ci siamo detti che la sua era una voce perfetta per Violet – è saggia, e al tempo stesso affilata. Abbiamo avuto anche un po’ di fortuna, perché conosciamo Aidan e siamo amici di suo fratello, quindi fargli avere la sceneggiatura non è stato difficile. A lui è piaciuta ed è stato contento di prendere parte al corto. Non solo, ha anche insistito per farlo gratis (e noi andava benissimo, visto che avevamo un budget piccolissimo!). Alla fine lo abbiamo pagato dandogli tutto cià che voleva durante la registrazione. Insomma, quanto costa avere Aidan Gillen come Narratore del tuo cortometraggio? Due banane e una bottiglia d’acqua.
Tre domande a… Audrey O’Reilly, regista di Wait
Quando un’importante gara di piccioni e una delle rare visite di suo figlio Martin coincidono, Charlie aspetta ansiosamente un buon ritorno a casa: Wait di Audrey O’Reilly è il cortometraggio in live action vincitore dell’edizione 2016 di Irish Film Festa.
Ecco la nostra breve intervista a Audrey O’Reilly. Congratulazioni!
Perché hai scelto di ambientare la storia di Wait nell’ambiente delle gare di piccioni?
Mio fratello e mio padre amavano molto i cani ed erano entrambi appassionati cacciatori, così sono sempre stata interessata al modo in cui gli uomini legano tra di loro attraverso lo sport e gli animali. In seguito, nel periodo in cui studiavo al Ballyfermot College, ho realizzato un documentario scolastico dedicato proprio alle gare di piccioni. Per qualche motivo è un mondo che mi affascina. Penso che i piccioni saranno protagonisti anche di un mio lungometraggio, prima o poi.
Come hai lavorato sul set con gli attori protagonisti Owen Roe e Rory Keenan?
Già solo il fatto di scegliere Owen e Rory è stato come avere metà del lavoro già fatto. Sono naturalmente due attori straordinari, e in più li avevo già visti nei ruoli di padre e figlio (lavorano insieme da quando Rory aveva dodici anni), quindi sapevo che tra di loro si era già creata quella familiarità di cui avevo bisogno per il corto. Poi, sul set, piuttosto che guidarli in modo preciso, ho preferito lasciarli liberi di arrivare ai personaggi a modo loro (peraltro, Owen mi ha fatto notare che per lui questo era il primo ruolo non da cattivo!)
Dove è stato girato il corto?
Gli interni a Bray, nella contea di Wicklow, mentre le scene legate alle gare sono state girate al Sarsfield Pigeon Racing di Ballyfermot, dove avevo già realizzato quel documentario. E diversi attori che vediamo nel corto avevano già preso parte al documentario.
Diarmuid e Gráinne all’Irish Film Festa 2016: Pursuit di Paul Mercier
Pursuit di Paul Mercier, in programma domenica 10 aprile 2016 all’Irish Film Festa, è una versione moderna e malavitosa dell’antica leggenda di Diarmuid e Gráinne, appartenente al ciclo feniano: Gráinne è la figlia di un importante boss del crimine che viene promessa in sposa al rivale Fionn per rinsaldare una vecchia alleanza. Gráinne però è innamorata del più fedele uomo di Fionn, Diarmud, e fugge con lui scatenando un selvaggio inseguimento attraverso tutto il paese.
Del cast fanno parte Ruth Bradley, Barry Ward, Liam Cunningham, Owen Roe, Don Wycherley, Dara Devaney, David Pearse, Sean T. Ó Meallaigh (che all’Irish Film Festa abbiamo visto anche in 1916 Seachtar na Cásca e An Klondike) e Brendan Gleeson.
Vi proponiamo una breve guida alla visione:
La storia di Diarmuid, Gráinne e Fionn è una delle tante che narrano di un triangolo d’amore tra due giovani e un vecchio: Tristano, Isolde e Marco; Lancillotto, Ginevra e Artù; Naoise, Deirdre e Conchubar…
Promessa in matrimonio a Fionn Mac Cumhail (capo dei Fianna, l’esercito mitico dell’Irlanda dell’epoca eroica), Gráinne, figlia dell’Ard Ri, Cormac Mac Airt, s’innamora del bellissimo guerriero Diarmuid Ua Duibhne. All’epoca del fidanzamento, Fionn ha l’età di Cormac ed è già padre di Oisin e nonno di Oscar.
Diarmuid è il figlio di Donn, capo dei Milesi, il popolo celtico originario della Spagna, che invase l’Irlanda e prese il posto dei Tuatha Dé Danaan, il popolo semidivino conoscitore dell’arte, della musica, della magia e della guarigione.
Per errore, Donn uccide Ériu (che darà il nome Éire all’isola) un bambino dei Tuatha che viene risuscitato sotto forma di cinghiale da Aengus Óg, dio dell’amore e della creatività. Per compensare per l’uccisione del bambino, Donn affida il proprio figlio Diarmuid ad Aengus, che ne diventa padrino e protettore.
I Dé Danaan imprimono il neo dell’amore sulla fronte di Diarmuid: qualunque donna vedrà quel neo si innamorerà perdutamente di Diarmuid. Per evitare che ciò accada, Diarmuid nasconde il neo sotto un ciuffo dei capelli. I Tuatha regalano a Diarmuid anche un velo protettivo, per cui niente e nessuno lo potrà uccidere. Tranne un cinghiale. Diarmuid diventa guerriero dei Fianna e braccio destro di Fionn.
Alla festa di fidanzamento di Gráinne con Fionn, un’improvvisa folata di vento solleva il ciuffo di Diarmuid scoprendo il neo. Gráinne, vedendolo, si innamora di Diarmuid e fa scivolare nei bicchieri di tutti i presenti una pozione sonnifera. Quando tutti sono addormentati, costringe Diarmuid a fuggire con lei nella Foresta delle Due Tende, così chiamata perché, all’inizio della fuga, Diarmuid si rifiuta di dormire nello stesso letto di Gráinne nonostante le sue suppliche, e impone alla donna una seconda tenda. Durante la notte, il gigante An Searbhán si avvicina a Gráinne, che si salva solo grazie al pronto intervento di Diarmuid. Allora Gráinne fa notare che almeno qualcuno desidera toccarla. Diarmuid, umiliato, accetta di giacere con lei.
Gli amanti vengono infine trovati da Fionn e i suoi. Diarmuid dà a Gráinne il mantello invisibile con il quale nascondersi e iniziano così una fuga inseguiti da vicino dal vendicativo Fionn. Alla fine, però, Aengus appare a Fionn per perorare la causa degli amanti e il guerriero, grazie all’intercessione del dio, perdona la coppia, che si installa nella contea di Kerry dove avrà cinque figli.
Anni dopo Fionn invita Diarmuid a una caccia al cinghiale nella brughiera di Benbulbin durante la quale Diarmuid viene ferito da un cinghiale gigante. Gráinne prega Fionn di salvare Diarmuid dandogli da bere dell’acqua dalle sue mani incantate (a causa di un incantesimo, chiunque avesse bevuto dalle mani di Fionn sarebbe guarito immediatamente) ma Fionn finge di non riuscire a trattenere l’acqua. Il figlio e il nipote di Fionn, Oisin e Oscar, lo minacciano e lui acconsente di dare dell’acqua a Diarmuid, ma è ormai troppo tardi.
Esistono diverse versioni del destino di Gráinne e Fionn dopo la morte di Diarmuid. In una di queste Gráinne e Fionn si sposano.
I personaggi mitologici | I personaggi del film |
Gráinne, figlia di Cormac, Re dei Re (Ard Ri) d’Irlanda | Gráinne, figlia nevrotica e viziata del boss criminale Mr. King (Ruth Bradley) |
Diarmuid, guerriero e braccio destro di Fionn, capo dei Fianna | Diarmuid, luogotenente del boss Fionn (Barry Ward) |
An Searbhán, un gigante del popolo dei Formori e custode delle bacche di sorbo del bosco: Diarmuid lo uccide con la propria clava | Searbhán, un altro boss rivale residente all’estero e che Diarmuid verrà indotto ad uccidere (Brendan Gleeson) |
Cormac Mac Airt, Ard Ri d’Irlanda e padre di Gráinne | Mr. King, boss di un gang criminale (Owen Roe) |
Fionn Mac Cumhail, capo dei guerrieri del re, Na Fianna | Fionn, capo di un gang rivale (Liam Cunningham) |
Oisin, figlio di Fionn | Figlio di Fionn (Dónall Ó Héalai) |
Aengus Óg, padre affidatario di Diarmuid | Aonghus, padre adottivo di Diarmuid (Don Wycherley) |
(Testo a cura di Kay McCarthy)
An Klondike all’Irish Film Festa 2016
Venerdì 8 aprile 2016 all’Irish Film Festa è stato proiettato An Klondike, il primo western girato in Irlanda e quasi interamente recitato in gaelico. Il regista è Dathaí Keane, che al festival di quest’anno presenta anche la serie storico-documentaristica Seachtar na Cásca dedicata ai sette firmatari della dichiarazione d’indipendenza del 1916, e ha incontrato il pubblico accompagnato dal produttore Pierce Boyce e dai protagonisti Dara Devaney e Seán T. Ó Meallaigh.
An Klondike nasce come serie televisiva
Pierce Boyce (produttore) – In collaborazione con il canale televisivo il lingua gaelica TG4, abbiamo deciso di realizzare una miniserie: nel corso della lavorazione ci siamo però resi conto che gli attori avevano davvero qualcosa di speciale, e lo stesso Dathaí aveva già avuto l’intuizione di trarne una versione cinematografica.
Le differenze tra la versione cinematografica e quella televisiva
Dathai Keane (regista) – L’idea per lo sviluppo della versione cinematografica è arrivata durante il montaggio della serie televisiva, quando abbiamo capito che, così com’era, il racconto non avrebbe retto il grande schermo. Così abbiamo deciso di concentrarsi sul percorso compiuto dal personaggio di Séamus Connolly, interpretato da Dara Devaney. In più, il finale della serie è più aperto, perché prevediamo già di girarne un seguito.
La lingua gaelica
Seán T. Ó Meallaigh (attore) – Non ci sono grosse differenze per quanto riguarda la recitazione: la lingua è solo un veicolo, e lo sviluppo dei personaggi prescinde da essa. Vorrei però sottolineare che è bello vedere sul grande schermo dei personaggi che parlano con naturalezza tra di loro in lingua gaelica. Noi stessi in questi giorni, qui a Roma, usiamo il gaelico.
Dara Devaney (attore): Siamo dei privilegiati: possiamo parlare in gaelico senza essere disprezzati, siamo addirittura pagati per recitare nella nostra lingua e per venire qui a Roma a presentare il film. Meglio di così…
Tre domande a… Elif Boyacioglu, regista di The Teacup
C’era una volta un uomo che aveva paura di uscire: è l’incipit di The Teacup, il cortometraggio animato di Elif Boyacioglu che vedremo in concorso all’edizione 2016 di Irish Film Festa.
The Teacup è stato realizzato in animazione 2D dagli studenti della Irish School of Animation del Ballyfermot College of Further Education.
Ecco la nostra breve intervista a Elif.
Puoi dirci qualcosa riguardo alla tecnica d’animazione?
L’animazione preliminare è stata realizzata con carta e matita, poi elaborata al computer con un plug-in di Adobe Photoshop sviluppato da Stephane Baril che si chiama Anim_Dessin, realizzando le animazioni di raccordo e colorando i fotogrammi. Gli effetti visivi (ad esempio i piccoli bagliori che vediamo in alcune scene) sono stati fatti al computer in 2D, sempre con Anim_Dessin.
Perché le tazze e i servizi da tè sono così importanti nel definire le relazioni tra i personaggi?
Ho sempre avuto intenzione di suggerire un legame molto stretto tra l’uomo e la sua tazza da tè, che prima appartiene a sua nonna e poi a lui. La tazza in un certo senso simboleggia lui stesso, così quando la tazza inizia ad essere colpita e influenzata da ciò che accade, comprendiamo che è così anche per l’uomo. Per quanto riguarda il servizio da tè della donna, ovvero l’unica ragione che lo spinge ad aprire la porta, volevamo che fosse il più possibile diverso dal suo, quindi robusto e spigoloso.
Senza fare spoiler, ci piacerebbe sapere qualcosa di più sul finale: sorprendente, ironico, e molto importante per definire il significato della storia.
La conclusione della storia è stata la prima cosa che ho scritto. Sapevamo che la fine del film sarebbe stata percepita in modi differenti dalle varie persone che lo avrebbero visto; qualcuno potrebbe ritenerlo un finale crudele, altri potrebbero trovarlo divertente, oppure positivo. Per me è sempre stato divertente, in un certo senso, per questo abbiamo tentato di dare al corto un tono da commedia. In definitiva, la vedo come una conclusione positivo, soprattutto pensando a ciò che accade alla tazza.
VIDEO: Irish Film Festa a 360° con Giano Project
Susanna Pellis, direttore di Irish Film Festa, presenta la nona edizione del festival (7 – 10 aprile 2016) in uno speciale video a 360° — potete esplorare l’ambiente muovendovi con il puntatore all’interno dello schermo — realizzato da Giano Project.
Tre domande a… Hannah Quinn, regista di My Bonnie
Un uomo e una donna, al mare, si trovano senza via d’uscita e sono costretti ad affrontare la distanza che li separa: My Bonnie, diretto da Hannah Quinn, è uno dei cortometraggi live action in concorso all’edizione 2016 di Irish Film Festa.
Hannah è la figlia del grande filmmaker irlandese Bob Quinn (che ha partecipato all’Irish Film Festa due anni fa con il suo documentario Atlantean) e ha lavorato come assistente alla regia per tantissimi film, tra cui Il Gladiatore, Black Hawk Down e The Martian di Ridley Scott. My Bonnie è la sua opera prima.
Il paesaggio ha un ruolo di primo piano nella storia di My Bonnie: dove avete girato? E come hai lavorato insieme al direttore della fotografia Tim Fleming per filmare la bellezza di quella costa?
Abbiamo girato My Bonnie in Connemara, nella Contea di Galway. La roccia, Carraig Leathan, si trova su una spiaggia vicino a un villaggio chiamato Carraroe, dove andavo a nuotare quand’ero piccola. Ho trascinato Tim, che è anche mio marito, su quella spiaggia al sorgere del sole. Abbiamo assistito a un’alba spettacolare (vedi foto sotto) e insieme abbiamo deciso che avremmo girato il film proprio lì.
Due settimane dopo, la troupe e gli attori – persone di grande talento e generosità – ci hanno raggiunti per le riprese, e ci siamo sistemati tutti dai miei genitori. Dal momento che la spiaggia è isolata e non avevamo budget per l’illuminazione, abbiamo potuto girare solo con la luce naturale all’alba e al tramonto. I membri della troupe si alzavano alle quattro del mattino per aspettare il sorgere del sole, poi tornavano a casa per riposarsi e fare colazione. Io, Tim e lo scenografo restavamo a sorvegliare il set. Tutti gli altri tornavano poi nel pomeriggio per la luce della sera e qualcuno approfittava anche per fare una nuotata. Siamo stati molto fortunati perché è stato quasi sempre bel tempo, tranne un pomeriggio in cui la pioggia aveva reso la roccia troppo scivolosa. Così abbiamo interrotto le riprese e siamo andati al pub…
Liz Quinn, che interpreta Sadie, è anche la sceneggiatrice: come hai lavorato sui dialoghi con lei Tom Sullivan?
Liz ha scritto dei dialoghi splendidi, lirici, e con grande attenzione al ritmo: è stato bellissimo ascoltare lei e Tom recitare quelle battute e farle proprie. I perfetti tempi comici di Tom hanno poi arricchito quella che è una semplice, ma molto profonda, storia di una coppia che sta affrontando una separazione.
Puoi dirci qualcosa sulla colonna sonora?
Per quanto riguarda le scelte musicali, ho ascoltato vari estratti dalla top 50 degli album irlandesi del 2014, finché non mi sono imbattuta nelle note giuste. Next Time Round è il brano finale di un album degli Hidden Highways, un fantastico due folk. La canzone mi ha colpita immediatamente, era perfetta.