Una donna in stato confusionale arriva su un’isola per affrontare il proprio passato. Mentre riascolta vecchi nastri registrati in famiglia, l’ambiente che la circonda prende nuova vita: il dramma Pause è uno dei cortometraggi in concorso alla 10a edizione di Irish Film Festa (dal 30 marzo al 2 aprile alla Casa del Cinema di Roma).
Ne abbiamo parlato con la regista Niamh Heery.
Il sonore è molto importante in Pause: come hai lavorato su questo aspetto?
Quando Eva arriva sull’isola capiamo subito che per lei si tratta di un ritorno al passato, così ho voluto giocare con la struttura narrativa del film senza però ricorrere ai classici flashback. Un altro aspetto che ho dovuto tenere in considerazione durante la scrittura di Pause è stato il budget, praticamente inesistente: da un punto di vista logistico non potevo proprio permettermi di trattenere dei bambini e un padre sull’isola per tutta la durata delle riprese. Perciò ho dovuto ingegnarmi per trovare una soluzione creativa ed ecco l’idea delle vecchie audiocassette.
Penso che la nostalgia sia un elemento cinematografico molto potente, se usato nel modo giusto, e i suoni sanno agire a livello sensoriale per riportare alla mente dei ricordi. Molti di noi, da bambini si sono divertiti con le audioregistrazioni, quindi ho pensato che fosse una maniera efficace per suggerire quel senso di passato, di distacco temporale che stavo cercando. Abbiamo registrato le tracce audio con due bambini fantastici, cugini tra loro, Aobha Curran e Cian Lynch, mentre Alan Howley, che interpreta il padre, lo conoscevo già grazie a un precedente lavoro. Lui è padre anche nella vita, ed è stato bravissimo nel creare un rapporto paterno con i bambini, fondamentale per marcare il cambio di tono che avvertiamo nelle registrazioni della seconda parte.
Dove è stato girato il cortometraggio?
Su Inishbiggle Island, nella contea di Mayo sulla costa occidentale dell’Irlanda. Ho desiderato girare un film su quell’isola dalla prima volta che ci sono stata. I miei genitori hanno comprato la piccola casa che vediamo nel film diversi anni fa, e a quel tempo Inishbiggle aveva ventisette abitanti, oggi ridotti a meno di venti a causa del progressivo invecchiamento. Nella zona si parla prevalentemente gaelico e il paesaggio mantiene un aspetto grezzo, incontaminato. Le persone che vivono lì sono state molto accoglienti con la troupe e Mícheál, che lavora realmente come traghettatore sull’isola, è stato davvero carino ad accettare di prendere parte al film. Tutto molto reale!
Come hai scelto Janine Hardy per il ruolo di Eva?
Avevo già lavorato con Janine in altre tre occasioni. Ci siamo conosciute grazie a un provino per un video molto delicato che stavo girando sul tema delle violenze domestiche, e successivamente l’ho voluta in Our Unfenced Country, il primo corto che ho realizzato per RTÉ.
Come attrice, Janine ama andare a fondo, discutere a lungo e, se necessario, cambiare il suo approccio nei confronti del personaggio. Per me è fantastico, perché mi permette di individuare i punti da migliorare in sceneggiatura ancora prima di iniziare le riprese. Mi piace lavorare con gli stessi attori più volte, se sono bravi e se ne ho la possibilità. Sul set non è sempre facile trovare il tempo per costruire la fiducia necessaria tra attore e regista, soprattutto se si affrontano argomenti delicati: in questo senso, decidere da subito che sarebbe stata Janine a recitare la parte di Eva mi è stato di grande aiuto.